Menotti Pampersi l’editore coraggioso 12 giugno 2013
un piccolo uomo dal cuor di leone.
Era nato a Corneto Tarquinia il 3.2.1873, tra numerosi fratelli, da Angelo e Margherita Vergari.
Iscritto al Casellario Politico Centrale dal 1908, nella scheda troviamo anche la descrizione fisica.
Altezza un metro e sessanta, figura snella, capelli neri, occhi neri, colorito pallido, viso scarno “veste in nero e cravatta rossa” e, col vezzo lombrosiano della polizia dell’epoca, si accenna persino al suo “sguardo languido”.
Repubblicano convinto e probabilmente cresciuto in famiglia di questa fede, come fa intuire il nome Menotti, il Pampersi ricorda quell’atteggiamento provocatorio, anticlericale, anarcoide e burlonesco per certi versi molto simile agli artisti ed intellettuali frequentatori della Famiglia Artistica milanese.
Il fascicolo chiude col 1914 e riporta solo in aggiunta la data di morte, il 22.7.1926. Anche succinto, il quadro dell’irresistibile Menotti salta bene in luce, e se ai tempi nostri le sue imprese non verrebbero certamente considerate eversive, all’epoca fu considerato “un sovvertitore dell’attuale forma di governo”.
Tali sono alcune delle sue esilaranti imprese, che ho dovuto interrompere la lettura nel serissimo e silenzioso Archivio Centrale di Stato di Roma, per recarmi in una isolata anticamera e scoppiare in una risata fino alle lacrime, ricompormi e riprendere la trascrizione!
L’episodio preponderante del fascicolo parla di un suo trasferimento “il noto pregiudicato e repubblicano aiuto applicato ferroviario” non obbedisce agli ordini superiori e va dicendo che la Direz. Gen. delle Ferrovie revocherá il trasloco e prenderá provvedimenti a carico di quelli che lo hanno calunniato e principalmente verso l’Ispettore Papperini che fece un inchiesta a Corneto su di lui”.
Il Pampersi parte all’attacco, si dá malato e invece arringa in ogni angolo e trattoria della cittá. Si riporta addirittura che un paese intero di 8000 persone sta in agitazione per l’opera deleteria di un individuo, il quale non teme gli avversari.
Il 14.11.1907, “il sovvertitore dell’attuale forma di governo” ha usato il fischietto a strillo dell’amministrazione ferroviaria e, durante una cerimonia funebre, sale sul carro col feretro e fa un discorso repubblicano; il 15.10 1908 fu arrestato per 59 giorni.
Il suo capolavoro, resta il manifesto stampato in 20 copie, di cui una affissa all’uscio della sua casa, via S. Giuseppe,14:
“Qui si macellano sgherri giolittiani e farabutti ferroviari. Per schiarimenti rivolgersi al Iº piano”.
Se il fascicolo fa un quadro del Pampersi “sovversivo”, dalle notizie degli archivi storici, grazie alla collaborazione preziosa offertami dalla Dott.ssa Piera Ceccarini, si intravede un personaggio piú complesso e di maggior caratura culturale, e attivo nella politica locale come consigliere anziano il 1912 e come presidente del Comitato per l’erezione del monumento a Giuseppe Mazzini, a partire dal 1921.
Dallo studioso Blasi apprendiamo che fu amministratore pubblico e che probabilmente grazie alla sua fede verso ideali e alla sua intraprendenza, due strade di Tarquinia furono intitolate a Giordano Bruno e Felice Cavallotti. Le sue poesie, i manifesti e le testate dei suoi giornali erano attesi come esplosioni, per diletto di alcuni e disgrazia d’altri.
Un anziano concittadino, sulla rivista “L’Extra”, lo ricorda come un umanista dal carattere polemico, libero e sprezzante di ogni autoritá imposta, che il 1920 tributó dal balcone un sonoro pernacchio a un conferenziere fascista in attesa di applausi, al termine di un altisonante discorso. Azione che gli procuró tante bastonate da finire in ospedale, senza piegarlo minimamente.
Arriva a diffamare un monsignore di adulterio, fatto che sfocia in un processo il 1921. Non pago, il Pampersi pubblicó l’anno successivo un volume intitolato “L’adulterio di Monsignore. Processo storico illustrato”. L’annuncio di vendita del 3º migliaio di copie compare ancora il 1923, l’anno della fondazione della rivista Penelope.
In “Mazzini e il suo mito: il caso del Lazio”, a cura dell’Archivio di Stato di Roma, si riporta che al cinquantenario della morte di Mazzini, il tipografo pubblicista editore Menotti Pampersi animava il Comitato di repubblicani con la passione politica che gli aveva fatto guadagnare il seggio di consigliere nel 1912, alle prime elezioni svoltesi a suffragio universale, e una querela per ingiurie, all’amministrazione comunale del 1915”.
Il 16.5.1922 il repubblicano Pampersi annuncia al sindaco Giuseppe Parpagnoli, socialista e tipografo come lui - e fautore del cambio del nome della cittá, che diverrá solo Tarquinia - e alla giunta comunale, l’arrivo a Corneto Tarquinia dello scultore Ettore Ferrari per presentare il progetto del monumento a Mazzini: nientemeno che Ettore Ferrari, il piú autorevole esponente della scultura postunitaria celebrativa degli eroi del risorgimento. Venne posta la prima pietra il 1922, ma intralci burocratici e varie peripezie posposero la posa del busto di Mazzini al 1932.
Menotti Pampersi, figura complessa, polemica, focosa, riesce a celebrare il legame con l’esperienza repubblicana tramite il gesto chiaramente politico dell’erigendo monumento celebrativo a Mazzini e del sostegno alla giunta socialista, l’anno stesso della marcia su Roma!
Di tale tempra è l’editore pubblicista che Agar trova per i suoi “Quaderni della Pace”, resoconti della sua esperienza di delegata WILPF, recentemente rientrata il 1924 da Washington come delegata italiana, dove era stata eletta rappresentante della stampa internazionale. Chi altri avrebbe avuto il coraggio di accogliere gli scritti di Virginia Tango Piatti, sotto stretta osservazione della polizia fascista, che aveva perquisito la sua casa di Firenze di via della Fornace, sede da lei fondata e diretta della sezione italiana della WILPF? (in italiano: Lega Femminile per la Pace e la Libertá). Naturalmente il Pampersi, che le offre spazio nella sua rivista Penelope.
Due spiriti affini si incontrano, nella breve collaborazione dal settembre 1924 al marzo 1925, interrotta dall’aggravarsi della tubercolosi che porta il Pampersi a morte precoce, a Roma il 27.7.1926.
Il 1926, la delegata Virginia Tango Piatti, a cui era stato ritirato il passaporto, si reca clandestina alla riunione pacifista della WILPF a Dublino. Sará l’ultima pacifista italiana, e quella che piú ha pagato per la repressione fascista.
Agar viene iscritta al Casellario Politico Centrale il 1928, una delle 3 possidenti schedate tra le 517 sovversive toscane, costretta a spostarsi tra Firenze, Milano e Sanremo, e infine alla fuga rocambolesca a Parigi, dove continua la sua attivitá di scrittrice e giornalista, e diviene recapito parigino di Carlo Rosselli.
Due persone grandi nel coraggio, due voci isolate nel silenzio assordante imposto dalla dittatura, di tale fede nella libertá di espressione da sacrificare la propria vita, bevendo l’amara cicuta della persecuzione piuttosto di rinunciare alla missione di diffondere quei principi irrinunciabili della dignitá umana, di libertá e giustizia.
Infine, due intellettuali che hanno usato la cultura non per gloria né beneficio personale, ma per scuotere la vigliacca neutralitá dei molti davanti alla gravissima crisi morale.
Gigliola Tallone
A Tarquinia ho tenuto una conferenza il 29 ottobre 2010, Sala consiliare del Palazzo Comunale, sul rapporto tra Menotti Pampersi e Virginia Tango Piatti. Sono riconoscente per l’accoglienza entusiasta, in questa cittá piena di storia, dove ho potuto ammirare la magnifica necropoli e il museo etrusco piú straordinario sulla faccia della terra.
Piú ampie notizie nel libro Gigliola Tallone, Virginia Tango Piatti, Agar. Una Vita per la Pace, 2010.
esemplari per la lettura a disposizione in Archivio Tallone