Dove va l'Arte?
Si dice che gli artisti sappiano captare il proprio tempo prima dei comuni mortali, rappresentarlo, stigmatizzarlo. Quasi sempre stigmatizzarlo. Quand’anche si prendano in considerazione gli artisti che ebbero gloria e successo nelle corti. Nella penombra tremenda del Rembrand, nello specchio delle Meninas di Velazquez dove ogni cosa ritorna all’artista che vede e giudica, nei corpi tanto nudi da sembrar scorticati di Michelangelo, nei lividi ondeggiamenti dei corpi di luce che si slegano dalla carne, di El Greco, dipinti sotto i baffi dell’Inquisizione. Quasi sempre l’arte è contro, non per mezzo di idee, ma di più forti emozioni, fatte per gli occhi che sanno vedere. Nei colori squillanti e allegri di Bosch c’è l’infamia e la morte, l’ironia feroce della voracità della Chiesa e la stupidità degli uomini. Non deve spiegarsi un artista per arrivare ad essere capito, nell’arte non si capisce, si percepisce, come nel sogno l’immagine porta il suo messaggio simbolico alla luce del giorno. E oggi? Constatiamo la quasi totale sparizione della natura. L’arte si fa astratta, perché non ci sentiamo più parte di un tutto o per l’orgoglio di chi quel tutto ha capito e piegato? Oppure perché ci vergogniamo del risultato? Se ci siamo accorti della nuova era globale, vediamo se si sono accorti gli artisti. Per esser contro, l’arte dovrebbe essere ferocemente individualista, ma è vero che con la globalizzazione chi è originale viene espulso, dai dittatori del gusto e dai portafogli. Più che stigmatizzare la nostra epoca come era globale, dovremmo vedercela con la sua creatura nuovissima: l’era preventiva. Concetto ultrametafisico, visto che la metafisica è in disuso. Si fanno le guerre preventive tra nazioni e, dato che le idee geniali si copiano, avremo guerre preventive dei condomini, dei parenti, delle scuole e dei supermercati; e non si stupisca chi, in una tranquilla passeggiata solitaria, ricevesse due sonori schiaffoni preventivi: non si sa mai quali pensieri gli girino per la testa. Squadre del buon gusto bloccheranno anche gli artisti preventivamente, e l’artista ribelle sarà ridotto ad occultarsi a meditare sulle fonti d’ispirazione, cosa alquanto ardua. Non si prende ad esempio la natura e nemmeno la persona. La gente non ama riconoscersi, teme un ritratto, semmai accetta una foto ritoccata. La gente ama assomigliare a modelli patinati, a modelli che assomigliano ad altri perché non vogliono essere da meno. Così tutti finiscono per assomigliarsi. Tanto di cappello al geniale Andy Warhol che ha capito l’andazzo negli anni ’60. L’immagine copiata, copiata e copiata, assomiglia a sé stessa, liberata da ogni personalità. Oggi che farebbe un altro Andy? Le cose si sono evolute, si arriva a modificare i connotati del volto per assomigliare a un ideale di bellezza, che piaccia a molti. Vuole l’artista ripercorrere l’ansia dei romantici, disvelando una natura sommersa nella profondità dell’essere? La nostra epoca ci ha liberato degli ultimi tabù: l’anima non esiste, non esiste l’inconscio. Non c’è cosa che non si possa rimediare con un Valium, che non si possa distrarre col Viagra. Abbiamo liberato il corpo di ogni inutile pudore, la puttana si è evoluta. Non più puttana modella di Tiziano, la bionda colta e raffinata, la Maddalena di Tiziano, ispiratrice di pittori e poeti, che pagava il disprezzo dell’ipocrita moralità del suo tempo, a volte anche con la vita. La puttana d’oggi, che sia attrice o ballerina o presentatrice o giornalista o scrittrice o poetessa o pittrice o politica - ma all’altezza sono i puttani uomini - è sponsorizzata: basta che presti non solo il corpo, anche il cervello previamente vuotato, tanto deve solo ripetere una lezione. Che fa l’artista? Aderisce, contesta, stigmatizza? Dipinge i fiorellini? Cerebralizza, diventa incomprensibile a sé stesso, e non c’è più un urlo munchano che gli esca dalla gola. Mio articolo pubblicato nel sito “TRANSFINITO” curato da Giancarlo Calciolari Marbella, Agosto 2006
Gigliola Tallone 20 Luglio 2024.
L'Urlo di Edvar Munc, 1893.
--