Cesare Tallone
Biografia
di Gigliola Tallone
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Eredità spirituale di Cesare Tallone
La critica postuma
-INTRODUZIONE
-LA GIOVENTU'

-L'ISCRIZIONE A BRERA
-LA FAMIGLIA ARTISTICA
-I PRIMI RICONOSCIMENTI
-ESPOSIZIONE DI ROMA E GLI INIZI DELLA CARRIERA
-LA NOMINA A CARRARA, L'INSEGNAMENTO, ATTIVITA' E NOTE SALIENTI DAL 1884 AL 1891
-CESARE TALLONE E L’ALLIEVO GIUSEPPE PELLIZZA DA VOLPEDO
-ATTIVITA’ E NOTE SALIENTI DAL 1891 AL 1898
-LA NOMINA A BRERA E INCARICHI ACCADEMICI
-MILANO E GLI ALLIEVI FUTURISTI
-LA FAMIGLIA , GLI AMICI E LA MAISON RUSTIQUE
-LA MOGLIE ELEONORA TANGO TALLONE
-ATTIVITA’ DAL 1900 AL 1919 PREMI, INCARICHI ACCADEMICI E NOTE SALIENTI
-EREDITA’ SPIRITUALE DI CESARE TALLONE - LA CRITICA POSTUMA
-I FIGLI
-ARCHIVIO TALLONE
Lascio questo capitolo conclusivo del sito, sebbene la pubblicazione del mio libro Cesare Talllone, Electa 2005, abbia ormai colmato lacune e corretto distorsioni. Mi pare che sia interessante far conoscere le motivazioni che mi hanno spinto ad intraprendere l’annoso lavoro di ricerca, tanto faticoso d’essere stata tentata talvolta di perdonare chi in cent’anni non ha avuto il coraggio di affrontarlo…

Cesare Tallone fu un artista che godette in vita dei consensi unanimi di critica, pubblico e comunità artistica. Se per lungo tempo, lui scomparso, è stato trascurato dalla critica, non cosi’ immemori gli altri. Amatissimo dagli allievi in vita, hanno continuato sempre a ricordarlo con devozione figliale.
Ho sentito molti di loro, già nella maturità, parlare del maestro con accenti commossi.
A riguardo del suo lascito artistico, lascio alle parole di Carrà, che sono esemplari :
“ Mi esortava ad emulare la potenza plastica degli grandi pittori antichi perchè, egli diceva, il senso plastico ora smarrito e’ la virtù prima su cui bisogna riportare la pittura moderna , e di questo senso plastico egli aveva trovato per istinto il profondo filone…”.
Basterebbero queste parole per tagliare la testa all’argomento “ottocento o novecento” che alcuni si sono posto.

Guido Ballo a proposito di Cesare Tallone scrive:
“..Tallone incide sullo sviluppo di giovani come Carrà e forse, quale indiretta conseguenza dei primi insegnamenti, anche sulla involuzione dell’avanguardia in Italia…” e aggiunge “Lo stesso effetto plastico, più consistente che negli scapigliati, nascono da toni intensi come chiari e scuri, da problemi luministici.”

Dunque la ricerca luministica e il richiamo alla plasticita’e semplicita’ formale degli antichi, insegnamenti raccolti sia dal Pellizza che da molti suoi allievi, che Tallone ha sollecitato ad imboccare la strada personale,con i propri modi e il proprio estro.
Molti altri suoi allievi, Tosi, Funi, Carpi, Bucci, Dudreville…, attraversato il Futurismo, approdano al movimento del “Novecento”.
Ad unirli, proprio quei valori plastici che furono primari nell’insegnamento del loro maestro, seppure alcuni di loro aggiunsero l’accezione monumentale e talora declamatoria con toni tutt’altro che solari, che non sarebbe piaciuta a Tallone.
Quanto ai collezionisti, non solamente per il loro valore artistico, ma anche a memoria del carisma dell’uomo, hanno conservato le sue opere, almeno per tre genetrazioni, nelle loro case.
I figli, cresciuti, nell’interno della loro famiglia, a contatto con straordinari protagonisti dell’arte e della cultura, continuano al ritorno dalla guerra a circondarsi degli amici del padre e di nuovi arrivati, nello spirito paterno generoso, sincero, senza pregiudizi di sorta, di pensiero o di classe sociale, uniti dal disinteressato amore per l’arte.

Quanto alle fortune critiche, basterebbe accennare il fatto che la pubblicazione postuma fondamentale, (la seconda dopo quella del 1921) in occasione della mostra a Brera, edita nel 1922, sotto gli auspici della R. Accademia di Brera con i testi di V. Bignami e C. Caversazzi, contiene 57 illustrazioni di dipinti, di cui non si menzionano misure, tecnica e date. Vengono poi le due riviste della collana “Le glorie dell’arte italiana” edizione dell’Esame di Somare’ del ’27 e ’49 e l’intermedia e importante, seppur tardiva , come l’onesto Somare’ dichiara, monografia del 1945 dell’Esame, con 100 tavole b/n e 9 a colori, senza la segnalazione delle misure , tecnica e date dei dipinti. Del 1953 e’ il catalogo della mostra celebrativa per il centenario della nascita, patrocinato dal Comune di Bergamo, 49 tavole b/n, libro in cui si menzionano i dati tecnici dei dipinti senza attribuzione delle date mancanti, e in cui di straordinaria importanza, è bene ribadire, è il testo dell’allievo Carlo Carrà, cui va riconosciuto l’effetto di risvegliare l’attenzione della critica dimentica e superficiale, sebbene questo risveglio avvenga quasi solo ai giorni nostri.
Del 1996 è il piccolo catalogo della mostra di Lovere dell’Atelier del Tadini, “ritratti e paesaggi” curata da Don Scalzi, con i testi di Domenico Rea e Rossana Bossaglia.Vi sono 66 riproduzioni a colori con i dati di misure e tecnica e il primo tentativo di attribuzione della datazione mancante. Rilevante notare che qui sono rappresentati soprattutto i paesaggi di Tallone, immeritatamente dimenticati e pur tanto considerati tra gli anni’20 e ’50.
Tuttti quindi cataloghi di mostre, libri di scarso accesso al largo pubblico., con sbalzi temporali notevoli (si pensi dal ’27 al ’45).
Possiamo dire quindi che l’unica monografia di Cesare Tallone fu quella del 1945 di Somarè, in piena guerra, e di cui non saprei dire il numero delle copie stampate e la sua diffusione.
Se ci lasciano materia sulla sua arte, i suoi esegeti scrittori, pochissimo hanno scritto della sua storia di uomo , artista e maestro e niente ci riferiscono dell’ accademico impegnato in incarichi di grande prestigio istituzionale, cosi’ come del ruolo focalizzante di Tallone per gli intellettuali e artisti dell’inizio del secolo a Milano.
Quanto alla presenza on-line, pochissimi cenni biografici e rare riproduzioni di dipinti.
In termini generici e vaghi Cesare Tallone e’ menzionato nelle biografie dei suoi allievi come “bravissimo ritrattista” o “famoso ritrattista”, con note piu’ approfondite della sua opera e del suo insegnamento solo nelle biografie di Carra’ e Pellizza.
Questo mio lavoro vuole ricordare la complessita’ della sua figura proprio attraverso questo canale accessibile a tutti, studiosi o appassionati.

Vespasiano Bignami, suo amico di sempre, autore del testo del ’21, ne interpreta il temperamento artistico e umano in modo esemplare, ma la biografia e’ succinta , le schede descrittive dei dipinti sono carenti e si limitano ai titoli e proprieta’,senza allegare dati relativi essenziali come anno, misure ecc. Questo difetto si perpetua quasi fino ad oggi, poiche’ non e’ mai stata avviata una catalogazione delle opere, molte delle quali non datate ,oltre quelle situate in musei, giacenti nelle collezioni private e mercato.
Inoltre,l’amico Bignami, forse anche per il carattere di Tallone avulso ai fasti e incensimenti, e forse per la vicinanza della prospettiva temporale, non accenna alla risonanza nazionale che Tallone ebbe per il ruolo svolto negli prestigiosi incarichi che lo videro protagonista dell’arte e cultura italiana.
Nessuna menzione che io sappia fino ad ora, agli incarichi accademici e istuzionali, i premi e riconoscimenti di rilevanza nazionale attribuiti a Tallone.
Solo la Lunardelli, nella sua tesi sugli anni di Milano, documenta questo aspetto.
Come espongo sopra, per menzionarne solo alcuni, Cesare Tallone, gia’ socio onorario dell’Accademia di Brera dal 1891, nel 1893 partecipa all’organizzazione della mostra di Fra Galgario, nel 1899 fa parte del Comitato per le onoranze di Bertini e organizza l’esposizione delle opere del suo amato predecessore, sempre nel 1899 viene eletto nel Comitato Artistico Regionale per l’Esposizione Universale di Parigi per la scelta delle opere, e nominato per le Commissioni Permanenti per Architettura, Scultura e Pittura.
Nel 1900 vince il premio del Comune di Milano, e nel 1901 e’ invitato ad organizzare una mostra Internazionale d’Arte,come componente del comitato per le esposizioni di Milano, nel 1902 e’nella commissione per fondare la Galleria d’Arte Moderna del Castello Sforzesco, nello stesso anno gli viene concessa l’Onorifenza Cavalleresca.
Nel 1906 è chiamato alla Commissione a Roma per scegliere il candidato all’Albertina di Torino, nel 1908 è insignito della medaglia d’oro della Pubblica Istruzione, nel ’10 e’ nella giuria per il premio Principe Umberto….

Abbiamo dunque un cattedratico antiaccademico, liberale, anticonformista, di spirito innovatore e indipendente, e questa immagine e’ riportata, ma altra cosa e’ riassumere in qualche aggettivo e altro è leggere la documentazione inedita del periodo della Cattedra a Brera, raccolta ora nella tesi della Lunardelli, quanta passione, costanza ed energie dovette spendere, e non poche difficolta’ dovette trovare sul suo cammino.
La sua opera alla Carrara fu rivoluzionaria, tale da trasformare un ambiente oscurantista, in una scuola sul modello della bottega rinascimentale, come dice l’allievo Pellizza, e addirittura Tallone, talmente ha in odio le discriminazioni, essendo interdetta l’Accademia alle donne, che apri’ nel 1897(lo stesso anno dell’Accademia di Vienna) la scuola femminile in un’ala della sua casa a Palazzo Suardo, cosa che fece alquanto scalpore.
Ma anche a Brera, dovette forzare non poche resistenze, per ottenere il meglio per i suoi allievi. Le donne non potevano accedere ai corsi superiori di pittura e disegno del nudo ed erano separate dagli uomini fino al 1910 e piu’ e Tallone le accoglie alla sua Scuola Speciale di Pittura e Disegno del Nudo.
Insieme ai suoi allievi maschi, le conduce a dipingere all’aperto nell’Orto Botanico.
Insegna a turno ,insieme a suoi colleghi, anche alla Scuola Serale del Nudo.
Se le sue idee liberali erano condivise da alcuni colleghi, come il Bignami, il Butti e il Mentessi, non cosi’da altri docenti che vedevano , specie quei giovani attratti dalle sperimentazioni, come il diavolo in chiesa, al punto da voler espellere intorno al 1910 gli allievi di tendenze futuriste!
Impegnato ad aprire gli orizzonti ai suoi studenti al di la’ dei limiti accademici, e sempre dalla loro parte, incurante delle resistenze bigotte e passatiste, Tallone, col suo stesso esempio, incita all’indipendenza creativa, oltre che di pensiero.
Si prodiga con molte energie, accompagna i suoi allievi ad ogni importante manifestazione come le Biennali di Venezia e le mostre di Roma .
Il suo insegnamento va oltre i confini dell’Accademia: alla Famiglia Artistica, nella sua casa, nei ritrovi abituali degli artisti, li accompagna nell’avventura “terribile” (aggettivo talloniano di cui e’ testimone anche il Caversazzi e che entrera’ a far parte del vocabolario dei giovani Futuristi)di fare arte, come bene testimoniano i suoi allievi.
Spesso ospita in casa sua quelli che non hanno dimora, a volte cede loro le sue commissioni per aiutarli nelle difficolta’ economiche, li conduce con se’ in vacanza per dipingere all’aperto.
Non poche amarezze gli vennero da chi gli invidiava l’adorazione incondizionata di cui era circondato. Abbiamo quindi il professore innovatore e liberale, ma abbiamo anche un cattedratico cui sono affidati incarichi numerosi e prestigiosi, con rilevanza nazionale, che usa il suo prestigio solo per emancipare l’ambiente accademico e non per farsene vanto.
Pur godendo di vasta fama, risponde solo all’eccellenza dell’arte, non accetta barriere di classe, per lui una Regina e il più povero dei suoi studenti sono uguali.
Tallone aveva conquistato una vastissima conoscenza dell’opera degli antichi maestri italiani ed era assiduo frequentatore del mondo artistico contemporaneo per la sua attivita’ nelle piu’ importanti giurie d’arte italiane e per la frequentazione, anche con i suoi allievi, degli artisti di tendenze d’avanguardia. Insomma, questa figura non coincide con quell’ aspetto piu’ inflazionato della critica che lo definisce, insieme alla sua famiglia, bohemienne, pittoresco ecc.
In realtà Cesare Tallone era lungi d’essere bohemienne, era la persona piu’ pragmatica che si possa immaginare.
Se, alle porte di Brera, tutto elegante in stifelius e panciotto di velluto, dopo ore di impegnativo insegnamento, si arrampicava sul lampione a gas per accendersi il sigaro, lo faceva perche’ non aveva in tasca i cerini, o come si diceva allora, i fulminanti.
Se al Savini, per festeggiare il compenso della vendita di un dipinto, centrava con la sua straordinaria mira con le fette di salame i piatti degli otto figli, la moglie, e i suoi ospiti colleghi ed allievi, lo faceva per risparmiare il tempo e le cerimonie dei camerieri.
Otteneva due risultati: si divertiva e dimostrava che le cerimonie e convenzioni, una volta trasgredite, diventano quello che sono, appunto cerimonie e convenzioni, quindi solo ostacoli al buon senso: erano superflue e, nella vita come nella pittura, detestava il superfluo . E questo a Corte come nell’ambiente piu’ umile.
Andava diritto al cuore delle cose, anche con i figli.
Quando vide che il figlio Cesarino aveva terrore dei temporali, lo porto’ all’aperto abbracciandolo forte e rimase con lui sotto il diluvio, mentre gli raccontava fantastiche leggende sui tuoni e i fulmini, finche’ calmato e divertito, il bambino perse ogni paura.
Attraversava il quotidiano per la via piu’ corta, ma nella sfera degli affetti lasciava un marchio indelebile a tal punto che i figli maschi, nonostante persero a causa della guerra gli ultimi quattro anni di convivenza col padre, ebbero talmente impresso il suo carisma da trasmettere il suo ricordo intatto fino alla mia generazione.
L’intensita’ delle sue attivita’ e’ davvero straordinaria, eppure compensava il poco tempo con attenzioni specialissime: da Brera rispondeva a tutte le loro lettere, anche quelle dei piu’ piccoli appena capaci di scrivere, durante le vacanze li portava a dipingere con se’ e gli amici in campagna, e li ritraeva, uno per uno. Quanto all’educazione,lasciava loro assoluta liberta’, purche’ si rendessero responsabili delle loro azioni.

Ignorare la rarissima sinergia di uno spirito liberale, anticonvenzionale e disinteressato d’uomo e artista, con la vasta cultura conquistata, l’altissima e professionale figura di maestro amatissimo e il prestigio anche istituzionale di cui godette, credo sia alla base della curiosa dimenticanza della figura di Tallone come protagonista della Milano rinascente.
Fin dal suo arrivo a Milano, Tallone e’ quella figura carismatica intorno a cui si aggregano artisti e letterati, tanti spiriti eterogeneei, tra cui circolano idee e progetti, in un ambiente conviviale, generoso e disinteressato .
Cesare Tallone e’ l’artista di grande talento, che non si ferma a considerare l’arte come conquista individuale, egli sente l’arte come vocazione e la cultura estetica come riscatto dalla brutalita’, e coinvolge nella sua passione artisti ed intellettuali.
Nella Milano dei primi novecento, Tallone e la sua famiglia assumono il sinonimo stesso dell’arte, ed e’ ancor piu’ strano che non si ricordi il suo ruolo nell’ambiente dell’elite culturale della nostra citta’, quando, nell’immaginario collettivo milanese, la figura di Cesare Tallone era ben presente fino almeno agli anni sessanta attraverso i suoi figli, intorno ai quali continuavano a stringersi le piu’ eccellenti personalita’ della cultura.
Quanto a più strettamente concerne la critica, direi che esiste un peccato originale ed è quello della mancata catalogazione generale delle sue opere.
In definitiva, si sono esaminate solo una cinquantina di opere conosciute.
Restano escluse le opere giovanili, quasi tutte lo opere del ventennio milanese dei paesaggi e nature, e i ritratti dell’ultimo decennio, manca la sistemazione delle date mancanti, restauro e la pulitura dei dipinti eccellenti nascosti da cappe di vernici sovrapposte..
Per quel che concerne i paesaggi e nature, parlo con cognizione di causa, essendo mio padre Ermanno, uno dei più colti e sensibili esperti d’arte dell’epoca, il primo estimatore dell’opera del padre.
Nelle sue gallerie, (Galleria Libreria di via Crocerossa, Galleria Milano, Galleria Tallone di via del Gesù, Galleria Tallone-Ciardiello di Montecatini) dal ventisei a tutti gli anni cinquanta, i dipinti di questo genere di Cesare Tallone erano apprezzati ed ambiti e anche molto ben valutati.
Si tratta ora di ritrovarli presso collezioni o gallerie.
Essendo state prese in esame per lo piu’ le opere del periodo bergamasco, e pochissime del periodo milanese, si e’ concluso con la supremazia del primo sul secondo, fino alla stravagante definizione di Tallone pittore bergamasco.
Avendo poi riscoperto il paesaggio talloniano a cento anni di distanza, non avremo anche un pittore bucolico? E che dire del 1899, quando gia’ incaricato a Brera si recava piu’ volte alla settimana per terminare l’anno d’insegnamento a lla Carrara? Lo chiameranno periodo di mezzo?
Cesare Tallone, nato casualmente a Savona perchè il padre Pietro tenente della Reale Armata comandava quella piazza, è figlio di piemontesi, il padre Pietro è nato a Pinerolo e la madre Teresa, alessandrina. Dal 1860 al 1863 risiede con la famiglia a Parma nell’ex Palazzo Ducale, divenuto sede del Real Collegio Militare, dove il padre Pietro svolge il ruolo di Capitano Relatore del Cosiglio di Amministrazione. Alla morte del padre, si reca con la madre e le tre sorelle ad Alessandria, citta’ d’origine della madre Teresa.
Le sue radici sono quindi piemontesi e piemontese è il suo carattere tenace . Non si deve dimenticare che il piccolo Regno Sabaudo affronterà gli odiati austriaci e promuoverà l’unificazione italiana, diventando per gli orgogliosi piemontesi il simbolo stesso della democrazia e libertà.
Come artista, non si può fare a meno di collocarlo a partire dalla tradizione lombarda della scapigliatura,anche per la formazione giovanile a Brera e alla scuola della Famiglia Artistca, ma apporta da subito l’inconfondibile impronta personale nell’esprimere il forte naturalismo con la sua originale connotazione plastico-luministica, ottenuta con arditi accostamenti del chiaro e scuro in ampie e vibranti stesure. E sappiamo come il suo esempio ebbe ad influenzare le giovani generazioni.
Quindi CesareTallone è artista solitario e innovativo cui non si può dare collocazione provinciale e fin dagli esordi è artista nazionale, a Roma inizia la carriera e a Milano alle esposizioni di Brera si afferma in importanti mostre e, quell’Accademia, era considerata fino almeno al 1910, la più importante sede espositiva nazionale. Venezia e Torino sono le altre sue platee artistiche.
Se avesse scelto Parigi, la qualcosa prese in considerazione e desistette, per il suo amore per l’insegnamento, ne avrebbe ricevuto onori e fama, come avvenne per alcuni suoi colleghi.
Tallone amava Bergamo perchè lì scoprì la sua vocazione all’insegnamento, e certamente amava i dintorni che erano per lui una continua ispirazione , oltre che per l’ affetto corrisposto di alcuni amici ed estimatori.
Ma gli era stretta la provincialità del luogo e già dal 1889 cerca una città più cosmopolita e una Accademia più evoluta, partecipando al concorso per la Cattedra dell’Albertina a Torino, notizia, questa, fino ad ora inedita.
Tallone non fa calcoli di convenienza personale, e vinta la Cattedra di Brera , sceglie l’ambiente milanese per trovarvi più stimoli, incurante di critica o acquirenti,nonostante a Bergamo la critica e la stampa fossero tutte per lui, riportando notizie e seguendo costantemente la sua attivitàdi pittore e d’insegnante, non escludendo indicazioni sulle commissioni e descrizioni dei quadri inviati alle mostre!
La citta’ d’elezione e’ Milano, dove trascorre la gioventu’ come studente a Brera e frequentatore della Famiglia Artistica, l’Antiaccademia dove si sono formate straordinarie personalita’ artistiche.
A Milano inizia la sua carriera espositiva, insieme a Venezia, Roma e Torino e dal ’99, a 46 anni, dirige la Cattedra di Pittura e scuola del Nudo di Brera fino all sua morte nel 1919.
Dinamico, curioso, protagonista della vita artistica e culturale italiana, Tallone ama da sempre Milano, ancor piu’ in quell’inizio del secolo che coincide con la sua Cattedra.
Non sarebbe vissuto in altro luogo che in quella citta’ cosmopolita , “la citta’ che sale”, fervente di cambiamenti, brulicante di cantieri, luogo prediletto da tanti intellettuali e spiriti imprenditoriali.
Pensare, come e’ stato fatto a riguardo di Tallone di dividere in periodi la sua opera, non ha senso, poiche’ mai e’ stato un artista piu’ fedele a se’ stesso come pittore e insegnante :“uno scoglio” come disse l’amico Bignami.
Ne’ incide nella valutazione l’eta’, poiche’ a 46 anni e’nel pieno della sua arte e a soli 66, si spegne.
Si dice che si dedicasse troppo al ritratto, senza avere tempo per la pittura d’altro soggetto.
Lavorava tanto anche a Bergamo, e la pittura d’altro soggetto, come e’ documentato, continua a praticarla anche dal ’99 a 1919.
Qualche volta la critica parla di quadri “stanchi”del periodo milanese, ma quale artista ha prodotto solo opere eccelse? In tanto prolifica carriera, ci saranno anche quadri non eccelsi nel periodo di Bergamo… Persino Tiziano o Velazquez a volte hanno eseguito opere irriconoscibili..
E , per contro , non si parla di quei dipinti di sorprendente modernita’ e freschezza degli ultimi anni, mai presi in considerazione. Con l’evidente lacuna, fino ad oggi, della studio approfondito dell’ultimo ventennio, direi che tale lacuna sia dovuta ad una condiscendente adesione al parere di alcuni critici in vita intorno al decennio.
Ammiratori della tecnica divisionista e del simbolismo, e non dico che non ne avessero il diritto, giudicavano Tallone un artista non adeguato ai tempi, senza avvedersi di cio’ che fu evidente a Carrà allievo e intelligente critico: “..fra le varie discordanti correnti, conviene notare che il gusto dell’epoca andava verso lo sdilinquimento impressionistico della forma o si svolgeva in modo meccanico nel formulario divisionista non meno negativo al fine di una autentica sentita plasticita’. Per queste ragioni il mio maestro si sentiva come isolato fra gente per lo piu’ estranea al suo modo di sentire e con me spesso si sfogava manifestando le sue amarezze piu’ che giustificate..”e ancora “...Tallone fu portato a ricercare la sostanza di un ordine antico mirando a rifonderlo con lo spirito moderno. Il che sara’ sempre un merito, dato che troppo spesso quando si volle andar oltre e rinnovare i concetti fondamentali della pittura, nonche’ non riuscirvi, si torno’ indietro e venne meno quello che si era faticosamente conquistato.

Spero con questo lavoro di contribuire ad illuminare meglio la sua figura.
Quanto alla catalogazione, e una eventuale mostra che gli renda giustizia, a quasi cent’anni di distanza dalla scomparsa del pittore, a me pare non resti che auspicare l’intervento di quelle istituzioni milanesi, che tanto bene ha onorato mio nonno.